4 Settembre 2016
La nuova disciplina del distacco comunitario
Il 22 luglio 2016, pubblicato sulla G.U. n. 169 del 21 luglio 2016, è entrato in vigore il d. lgs n. 136/2016, attuativo della direttiva 2014/67/UE di rafforzamento della disciplina sul distacco dei lavoratori comunitari nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi. Il provvedimento legislativo consta di 27 articoli, coinvolgenti profili lavoristici e processuali, trovando applicazione, ad eccezione del “personale navigante delle imprese della marina mercantile” (art. 1, c. 6, decreto legislativo n. 136/2016), nel triplice caso di invio di un lavoratore in un’azienda situata in Italia da parte:
- di un’impresa, anche se appartenente al medesimo gruppo ovvero presso un’altra unità produttiva, di uno Stato membro/non appartenente all’Unione Europea per l’esecuzione di una prestazione di servizi;
- di un’agenzia di somministrazione, stabilita nell’Unione Europea;
- per attività di cabotaggio terrestre, ovverosia fornitura di servizi di trasporto all’interno di uno Stato membro da parte di un vettore residente in un altro Stato membro.
Degna di nota è la definizione di lavoratore distaccato, inteso dall’art. 2, c. 1, decreto legislativo n. 136/2016, quale “lavoratore abitualmente occupato in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia”, e fermo restando che deve sussistere un preesistente rapporto di lavoro tra impresa distaccante e lavoratore distaccato. Altresì, la novella legislativa annovera tra le “condizioni di lavoro e di occupazione” la disciplina della durata dell’orario lavorativo e dei riposi, delle ferie annuali retribuite, dei trattamenti retributivi minimi, della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e della temporanea cessione dei lavoratori, nonché della parità di trattamento di genere e tutela delle lavoratrici gestanti o madri, o dei bambini e giovani: ove tali materie siano regolate dalla legge e dai contratti collettivi ex art. 51, decreto legislativo n. 81/2015, prevalgono sulla legge disciplinante il rapporto di lavoro tra impresa distaccante e lavoratore distaccato, se a quest’ultima più favorevole.
Nel caso di lavori di assemblaggio iniziale o prima installazione di un bene previsti dal contratto di fornitura ed indispensabili per mettere in funzione il medesimo bene e che risultino eseguiti da manodopera qualificata dell’impresa fornitrice senza superare la durata di otto giorni, la disciplina normativa e/o contrattuale relativa alla durata minima delle sole ferie annuali retribuite e del trattamento retributivo minimo, comprensivo delle maggiorazioni per lavoro straordinario, non trova applicazione, a meno che dette attività non rientrino tra quelle edili di cui all’allegato A del medesimo decreto legislativo, dovendo in tal caso soggiacere alla normativa in commento.
Recependo in pieno il disposto comunitario sul punto, l’art. 3, decreto legislativo n. 136/2016, elenca tutti gli elementi che devono essere valutati, anche ai fini ispettivi, per accertare l’autenticità del distacco:
- il luogo della sede legale/amministrativa del distaccante;
- il luogo di registrazione del distaccante alla Camera di commercio, ove previsto;
- il luogo di assunzione e di distacco dei lavoratori;
- la disciplina applicabile ai rapporti negoziali con clienti ed ai lavoratori distaccati;
- il luogo di svolgimento effettivo dell’attività economica principale del distaccante e di occupazione del proprio personale amministrativo;
- il numero dei contratti eseguiti ovvero il fatturato nel Paese di stabilimento;
- ogni ulteriore elemento utile a tale scopo.
Accanto a questi, per apprezzare la genuinità dell’operazione negoziale transnazionale realizzata, occorrerà altresì valutare la condizione di genuino distacco del distacco del lavoratore, esaminando (art. 3, c. 2, decreto legislativo n. 136/2016):
- il contenuto, la natura e le modalità di svolgimento della prestazione;
- la retribuzione del lavoratore;
- l’abituale svolgimento della sua attività nello Stato membro da cui è distaccato;
- la temporaneità della prestazione svolta in Italia;
- la data di inizio del distacco, nonché l’avvenuto e/o programmato ritorno nello Stato membro;
- gli eventuali periodi precedenti di svolgimento della medesima attività ad opera dello stesso lavoratore o di un altro;
- l’addebito diretto al distaccante delle spese di viaggio, vitto, alloggio, ovvero il loro rimborso con indicazione delle modalità di pagamento;
- l’esistenza del certificato sulla legislazione di sicurezza sociale applicabile e, infine, ogni ulteriore elemento utile ai fini valutativi.
Peraltro, per evitare che le imprese rispettino in modo solo formale la normativa europea in ordine alla durata massima del distacco (pari a 24 mesi), il decreto legislativo n. 136/2016 considera nella valutazione complessiva di genuino invio del lavoratore in un Paese membro dell’Unione Europea anche il periodo di precedente lavoro in distacco compiuto dal medesimo ovvero da altro lavoratore, considerando quindi sempre la complessiva operazione negoziale posta in essere.
Fotografando la situazione esistente in tema di responsabilità solidale del committente, la novella legislativa prevede l’applicazione dell’art. 1676 c.c. e dell’art. 29, c. 2, decreto legislativo n. 276/2003, nel caso di prestazione di servizi, dell’art. 35, c. 2, decreto legislativo n. 81/2015, nel caso di somministrazione e dell’art. 83-bis, c. da 4-bis a 4-sexies, decreto legge n. 112/2008, convertito in legge n. 133/2008, per il trasporto. La scelta compiuta nel decreto legislativo n. 136/2016 merita senz’altro condivisione, per quanto il panorama normativo in ordine ai rimedi dei crediti retributivi e contributivi annoveri molteplici fattispecie regolative, non sempre coordinate tra loro per quanto attiene ai soggetti coinvolti (committente, imprenditore e subappaltante), al contenuto (debiti retributivi e/o contributivi, crediti patrimoniali), ai termini di decadenza (non sempre prevista) ed alla disciplina (obbligazione solidaria diretta o sussidiaria).
Per espressa previsione dell’art. 4, decreto legislativo n. 136/2016, in caso di prestazioni di servizi e di trasporto ai lavoratori inviati in distacco in Italia vanno applicate le “medesime condizioni di lavoro previste dalle disposizioni normative e dai contratti collettivi … per i lavoratori che effettuano prestazioni lavorative subordinate analoghe nel luogo in cui si svolge il distacco”, superando la disciplina previgente – alla cui stregua a detti lavoratori andava assicurata la parità di trattamento retributivo e normativo riconosciuta a quelli occupati presso il committente – ed optando per una mera estensione ai lavoratori stranieri delle medesime condizioni previste dalla legge o dai contratti collettivi sottoscritti dai sindacati comparativamente più rappresentativi, uniformandosi così all’art. 3, direttiva 96/71/CE. Quest’ultimo, infatti, lungi dall’imporre la parità di trattamento fra lavoratori distaccati e locali, decreta l’applicazione in favore dei primi della normativa del Paese ospitante, ove più favorevole, in relazione ad un cd. “zoccolo duro” di diritti.
La regola riportata non vige se i lavoratori sono inviati in somministrazione, stante il dispositivo del medesimo art. 4, c. 3, per il quale “Alla somministrazione di lavoro si applicano le disposizioni di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2015”, essendo quindi già sancito in favore dei lavoratori somministrati svolgenti pari mansioni un trattamento retributivo e normativo complessivamente non inferiore rispetto ai dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, con relativa obbligazione solidale a carico di quest’ultimo.
L’art. 6 del decreto legislativo n. 136/2016 è rivolto alla costituzione, presso il Ministero del lavoro, di un Osservatorio, formato da tre componenti ciascuno per le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale dei lavoratori e dei datori di lavoro, due per il Ministero del lavoro, di cui uno a presiedere l’organo, uno ciascuno dall’Agenzia Nazionale delle Politiche Attive e dall’Inps, uno dall’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori ed, infine, uno designato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. A tale organo collegiale sono assegnati “compiti di monitoraggio sul distacco dei lavoratori finalizzato a garantire una migliore diffusione tra imprese e lavoratori delle informazioni sulle condizioni di lavoro e di occupazione”, garantendo altresì l’accesso alle informazioni sui distacchi operati in Italia, alla loro durata e dislocazione nel territorio nazionale, all’inquadramento dei lavoratori inviati ed alla tipologia di lavori interessati dal distacco, nonché fornisce proposte sulle informazioni da pubblicare sul sito del Ministero.
Peraltro, in ordine alla rappresentanza dei lavoratori per la tutela delle loro ragioni, occorre segnalare il non completo recepimento, ad opera del decreto legislativo n. 136/2016, dell’art. 11, direttiva 2014/67/UE, riconoscente alle organizzazioni sindacali e/o altre associazioni portatrici di un interesse legittimo all’attuazione degli obblighi europei, del potere di attivare, in nome e per conto dei lavoratori distaccati, procedimenti giudiziari o amministrativi a tutela dei loro crediti e diritti.
Ai sensi dell’art. 7, c. 1, decreto legislativo n. 136/2016, le informazioni relative:
- alle condizioni di lavoro e di occupazione da osservare nel distacco;
- ai contratti collettivi applicabili ai lavoratori distaccati, specie in relazione alle tariffe minime salariali, agli elementi costitutivi della retribuzione, al metodo seguito per il calcolo della medesima ed al sistema di inquadramento del personale;
- alle procedure per sporgere denuncia ed alla disciplina sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro;
- ai soggetti da cui i lavoratori possono ottenere informazioni sui diritti ed obblighi derivanti dal distacco.
sono gratuitamente accessibili e pubblicate, in lingua italiana ed inglese, in modo chiaro e trasparente sul sito del Ministero del lavoro, cui spetta il loro aggiornamento. Peraltro, valorizzando la cooperazione amministrativa fra gli Stati tramite accordi e/o intese bilaterali, ovvero con il sistema I.M.I., al fine di efficacemente contrastare pratiche abusive e/o elusive del diritto comunitario, ai sensi dell’art. 8, decreto legislativo n. 136/2016 le richieste di informazioni provenienti dall’autorità istante e debitamente motivate devono essere tempestivamente evase, derivandone che la risposta va fornita entro due giorni lavorativi dalla loro ricezione se implica la consultazione di registri, ovvero venticinque se presupponenti attività d’indagine. Se riscontra difficoltà obiettive, l’Ispettorato nazionale del lavoro, cui spetta incaricato di fornire le informazioni richieste, deve avvisare senza ritardo l’istante, anche per cercare una soluzione condivisa.
In proposito, sebbene, l’art. 8, c. 3, decreto legislativo n. 136/2016, preveda che “Al fine di consentire all’autorità competente di fornire una risposta alle richieste di cui ai commi 1 e 2 [su informazioni, controlli, eventuali inadempimenti e violazioni di legge, nonché sulla legalità dello stabilimento dell’azienda in Italia e sulla buona condotta del prestatore di servizi, ndA], le imprese stabilite in Italia comunicano all’Ispettorato nazionale del lavoro le informazioni necessarie”, l’assenza di qualsivoglia conseguenza sanzionatoria in caso di mancata adozione del contegno atteso potrebbe rendere la disposizione priva di efficacia.
In relazione agli obblighi gravanti sulle imprese distaccanti e/o distaccatarie e sui profili sanzionatori, occorre segnalare che, le prime, entro le ventiquattro ore precedenti l’inizio del distacco, sono tenute a comunicare al Ministero del lavoro:
- le generalità del lavoratore distaccato e dei referenti di cantiere;
- la data di inizio, fine e durata del distacco;
- i dati identificativi del distaccante e del distaccatario;
- la tipologia di servizi, nonché estremi del provvedimento di autorizzazione all’attività di somministrazione.
nonché a conservare durante il distacco, e fino a due anni dalla sua cessazione, la documentazione relativa all’instaurazione del rapporto di lavoro, il contratto di lavoro, i prospetti paga e la prova dei relativi pagamenti, i prospetti relativi all’orario di lavoro, nonché la documentazione sulla legislazione applicabile in materia di sicurezza sociale, avendo cura di mantenere copia di detta documentazione in lingua italiana.
Infine, l’impresa distaccante deve nominare un referente di cantiere con poteri di rappresentanza della società per gli eventuali contatti con le parti sociali, nonché un referente elettivamente domiciliato in Italia incaricato di inviare/ricevere atti e documenti e di interloquire con il personale di vigilanza, con presunzione di fissazione della sede legale del distaccatario quale residenza del distaccante nel caso di omissione di tale ultima designazione.
Qualche dubbio potrebbe destare, al netto degli esigui importi sanzionatori per alcune fattispecie che li renderebbe debolmente dissuasivi, il differente atteggiamento punitivo rivolto alle imprese utilizzatrici di lavoratori comunitari distaccati rispetto a quelle che non si avvalgono dell’istituto, e quindi tra la sanzione prevista in caso di prestazione transnazionale di servizi non autentica e l’omologa stabilita per un appalto nazionale illecito. Infatti, solo per il distacco è prevista l’instaurazione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore della prestazione, laddove nell’appalto tale eventualità è rimessa all’iniziativa del lavoratore, posto che il decreto legislativo n. 81/2015 ha abrogato la fattispecie della somministrazione fraudolenta di cui all’art. 28, decreto legislativo n. 276/2003.
Infine, ai sensi dell’art. 24, decreto legislativo n. 136/2016, l’Ispettorato nazionale del lavoro formula e riceve le richieste di assistenza e riconoscimento reciproci delle sanzioni amministrative e, più in generale, di notifica di un provvedimento amministrativo, con spettanza delle somme recuperate al Ministero della Giustizia. La circostanza per cui le somme recuperate restano nella disponibilità delle Autorità del Paese ricevente l’istanza dovrebbe favorire un’efficace cooperazione amministrativa ed esecuzione forzata di sanzioni comminate da altri, posto che l’ordinamento giuridico che provvede al recupero delle somme beneficia del loro ricavato. La richiesta di pagamento della sanzione può essere formulata se non ci sono altre modalità di notifica/recupero del dovuto e se il provvedimento non è più soggetto a gravame. La competenza a decidere sulla richiesta di recupero delle somme è la Corte d’Appello nel cui distretto risiede la persona destinataria della sanzione irrogata. Il collegio giudicante è tenuto a non dar seguito all’istanza di recupero delle somme se questa è carente delle informazioni necessarie, laddove può non farlo se sussiste sproporzione del dispendio di risorse e spese rispetto alla somma da recuperare, ovvero se l’importo della sanzione non è superiore a € 350, ovvero sussiste violazione dei diritti e delle libertà fondamentali dei trasgressori e dei principi fondamentali della Costituzione.
In attesa di verificare le modalità attuative della novella legislativa, anche alla luce di eventuali chiarimenti interpretativi e/o operativi del Ministero del lavoro, va evidenziato come il decreto legislativo n. 136/2016, pur con qualche criticità, costituisca un decisivo avvicinamento alla ratio della normativa comunitaria dettata in materia, volta ad eliminare dal mercato unico prassi imprenditoriali che fanno della riduzione del costo del lavoro – oltre quanto consentito dalla medesima legislazione europea – un’inaccettabile leva di competitività.
Giovanna Carosielli
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